by Francesco Paolo Sgarlata |
Si chiedono all’Europa azioni che essa non può adottare perché non le è stato dato il potere di farlo. E poi la si critica perché non le ha adottate.
Questa è l’Europa di oggi: la grande incompiuta, uno strumento spuntato.
L’unico settore dove si è ottenuto un alto livello di integrazione è quello economico e monetario.
Ma sono stati gli stessi governi nazionali a frenare, a far impantanare questo cammino verso una effettiva federazione europea per miopia, calcolo politico e ritrosia a cedere fette di potere.
Qualcuno potrà dire che l’integrazione economico-monetaria è già un campo molto importante.
È vero, lo è, ma non basta.
In tempi di crisi economica – che noi conosciamo bene, essendoci immersi da oltre dieci anni con la prospettiva di rimanervi dentro ancora a lungo a causa del coronavirus – dover rispettare parametri e regole finanziarie è, per i governi degli stati più deboli come l’Italia, estremamente difficile.
È facile, per converso, esaltare e additare all’opinione pubblica l’odiosità di queste regole fredde, l’estraneità di un potere presentato come lontano e avverso.
Ed è altrettanto facile denunciare l’assenza di azioni e di interventi da parte dell’Europa anche negli altri settori cruciali come l’immigrazione o la salute pubblica: azioni e interventi che l’Europa non può intraprendere perché gli stessi governi nazionali per lo più non le hanno dato il potere di farlo.
Nei settori diversi da quello finanziario l’Unione Europea infatti può, nella maggior parte dei casi, solo suggerire, raccomandare.
Il prevalere del metodo intergovernativo ha svuotato di potere, di rappresentatività e di legittimazione la Commissione e il Parlamento europeo, il che chiaramente non porta avanti nessun processo di integrazione, nessun progetto di largo respiro, nessuna azione concepita come “europea”, ma solo iniziative a carattere contingente abbandonate ai mercanteggiamenti tra singoli governi, che si preoccupano solo di garantirsi la maggiore quantità di vantaggi locali per ottenere più voti.
Lo abbiamo visto in due momenti cruciali come l’immigrazione e il coronavirus: due enormi macro-problemi che avrebbero dovuto essere risolti unitariamente a livello europeo, ma che invece sono stati affrontati dai governi in ordine sparso e in modo spesso tardivo o inadeguato.
Sul coronavirus l’Unione Europea ha battuto un colpo, questo è vero, con l’unico strumento a sua disposizione, cioè come sempre quello economico-finanziario. E sembra anche, finalmente, un colpo importante.
Ma negli altri settori non ha fatto altro. Perché non aveva il potere di farlo.
E ora alcuni la chiamano “la grande assente”, come se fosse una sua mancanza e non dei governi che non le hanno permesso di operare.
Ecco perché oggi l’Unione Europea è percepita da tutti come un gigante finanziario ma come uno gnomo politico, ecco perché quando un qualsiasi capo di Stato extra europeo viene nel nostro continente per parlare con chi decide non va a Bruxelles, ma va a Berlino o a Parigi.
Quante occasioni fondamentali si stanno perdendo! Proviamo per esempio a immaginare se per aiutare gli Stati più colpiti dal coronavirus, oltre agli indispensabili aiuti finanziari, l’Unione Europea arruolasse e predisponesse una task force di medici e infermieri volontari che si recassero nelle località più colpite dalla pandemia. Provate a immaginare che effetto farebbe vedere questi medici e infermieri aiutare la gente nei nostri ospedali.
Perché non si portano avanti progetti simili? Se l’Unione Europea non ha i poteri per prendere semplici iniziative come questa sarebbe già molto grave; se ne ha i poteri ma non c’è nessuno ai vertici in grado di ideare azioni indispensabili per rilanciare l’immagine e il concetto stesso dell’Europa sarebbe ancora più grave; ma se invece sono gli egoismi dei governi nazionali a impedire che questo accada sarebbe gravissimo.
Non è facile oggi sentirsi europei: dopo la grande ebbrezza che provammo quando caddero i confini tra gli Stati e adottammo la moneta unica, c’è stata una disillusione crescente da parte dell’opinione pubblica, alimentata spesso ad arte da alcuni governi, forze politiche e purtroppo da molti media. Ci aspettavamo un’Europa che ci facesse vivere una vita migliore, e così in parte è avvenuto, ma ora ce la stanno presentando come se fosse l’origine di molti problemi.
Ma noi non dobbiamo perdere la visione di quello che essa dovrebbe e può ancora essere.
Viviamo tempi difficili. Grandi sfide ci aspettano: mutamenti climatici, esplosioni demografiche nei paesi poveri e conseguenti epocali fenomeni migratori, l’avvento di virus sconosciuti, il predominio di nuove super potenze che oltre allo strapotere economico hanno già anche quello produttivo, nel senso che senza i loro prodotti – che noi non facciamo più in nome della globalizzazione e del maggiore guadagno – il mondo si ferma.
Situazioni che fino a poco tempo fa sembravano fantascientifiche possono all’improvviso diventare drammaticamente reali.
Abbiamo innanzi sfide immani. O le affronteremo tutti uniti come europei, e potremo vincerle, o lo faremo in ordine sparso e non vincerà nessuno.
E la storia ci spazzerà via.
Francesco Paolo Sgarlata – Editorial Director
Vero e semplice, divulgalo perché la gente non sa la storia dell’unione Europea ex è controllata dai sovranisti che accusano tutto e tutti Per dividere la società e delegittimare le istituzioni.
Abbiamo bisogno di verità.
Un’ulteriore notazione a questa lucida analisi: come mai l’Unione Europea, infallibile scherana di iniziative liberali, ingorda papessa sempre incinta di norme e di veti, non ha partorito un criterio univoco per classificare morti e contagiati in tutti gli stati suoi membri? Che domande, Entschuldigung, sono proprio uno sciocco: un litro di latte in borsa pesa più di un milione di morti.